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.“Cala Rossa, Petrosino, Lampedusa: così violentano le nostre spiagge”
02 giugno 2013 – 15:46 – Ambiente,Cronaca Regionale
“In vista dell’avvio della stagione balneare, sulle coste siciliane stanno nascendo come funghi strutture di ogni tipo, dalle semplici aree per il noleggio di ombrelloni a veri e propri complessi balneari con tanto di ristoranti e locali notturni”. E’ quanto denuncia Legambiente Sicilia, secondo cui “molte di queste opere sono in contrasto con il vincolo di inedificabilita’ assoluta esistente sulle coste, che puo’ essere derogato solo per opere a diretta fruizione del mare per le quali legge e giurisprudenza prevedono il rispetto di criteri rigorosissimi”.

“Abbiamo presentato un esposto a tutte le Procure della Repubblica e Capitanerie di Porto della Sicilia – denuncia Angelo Dimarca, responsabile Conservazione Natura di Legambiente Sicilia -. Il comma 4 dell’articolo 1 della legge regionale 15 del 2005 vieta la realizzazione di stabilimenti balneari e di esercizi di ristorazione nella fascia dei 150 metri dal mare a meno che tali opere non siano previste nei Piani d’uso del demanio marittimo. Ma in Sicilia solo il Comune di San Vito Lo Capo ha il PDUM approvato dalla Regione e quindi riteniamo che molte di queste opere siano o in parte abusive o autorizzate in modo illegittimo”.

Legambiente denuncia che “a tale assalto di strutture balneari non stanno sfuggendo neanche le aree di grandissimo interesse ambientale, vincolate a riserva naturale o a sito di importanza comunitaria, come dimostrano i recenti fatti relativi a Isola delle Correnti, Petrosino, Calarossa di Terrasini, Lampedusa, per solo per citarne alcuni“.

“Con l’ambigua dizione di ‘chioschi’ si sta realizzando di tutto sulle coste siciliane, prevedendo in alcuni casi addirittura le vasche imhoff per il trattamento dei reflui interrate nelle spiagge – denuncia Mimmo Fontana, Presidente Regionale di Legambiente Sicilia – Chiediamo alla Regione la revoca in autotutela di queste concessioni ed accertamenti a tappeto da parte di tutte le Capitanerie di Porto della Sicilia. E per denunciare questo inaccettabile assalto al patrimonio costiero siciliano ed ai beni comuni, terremo un’ iniziativa regionale alla Tonnara di Marzamemi il prossimo 9 giugno con esponenti nazionali per presentare un dossier con i casi piu’ eclatanti”.

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La legge dell’assessore Nicolò Marino, prevede due novità: il trasferimento delle competenze per autorizzare l’apertura di una discarica all’assessorato all’Energia e la determinazione di una tariffa di riferimento regionale

di GIACINTO PIPITONE
PALERMO. Smaltire in discarica una tonnellata di rifiuti costa 138 euro a Trapani e meno della metà, 60 euro, a Siculiana. A Palermo lo smaltimento costa 127 euro, mentre i Comuni che utilizzano la struttura di Sciacca versano solo 91 euro. Anche per queste tariffe il debito degli Ato ha toccato il record di un miliardo e 400 milioni. Mentre con un comunicato la Belice Ambiente spa in Liquidazione specifica che “il costo di conferimento degli RSU presso la discarica di Contrada Campana-Misiddi sita a Campobello di Mazara è di euro 92,62 a tonnellata al netto del tributo speciale e dell’IVA; invece comprensiva di tributo speciale e dell’Iva, il costo è pari a euro 107, 746”.

LA RIFORMA
Quella delle tariffe per lo smaltimento è una giungla su cui sta facendo luce l’Osservatorio sui rifiuti e la riforma appena approvata all’Ars proverà a fare ordine. La legge messa a punto dall’assessore Nicolò Marino, magistrato scelto da Crocetta, prevede due novità: il trasferimento delle competenze per autorizzare l’apertura di una discarica dall’assessorato all’Ambiente a quello all’Energia e la determinazione di una tariffa di riferimento regionale a cui tutti gli impianti dovranno adeguarsi.

I NODI
Il dibattito sulla gestione delle discariche nelle ultime votazioni all’Ars ha mandato in secondo piano quello sull’evasione record della Tarsu, che impedisce ai Comuni di finanziare gli Ato che a loro volta poi non pagano nè le imprese che si occupano della raccolta nè i gestori delle discariche generando così nuovo debito. In particolare il centrodestra – dal Pdl a Musumeci – ma anche formazioni di centrosinistra hanno chiesto il ritorno alla gestione pubblica degli impianti. «Eppure – rileva Maurizio Pirillo, capo di gabinetto dell’assessorato ai Rifiuti – proprio nelle discariche pubbliche, da Palermo a Trapani, si pagano le tariffe più elevate mentre i gestori privati hanno le tariffe più basse. Allucinante». A Gela, altra struttura pubblica, scaricare costa 100 euro a tonnellata, e a Castellana 125 euro. Il finanziamento pubblico avviene per lo più con fondi europei «e serve – precisa ancora Pirillo – unicamente a mantenere la discarica. Mentre i privati fanno piani tariffari tarati sull’investimento iniziale per allestire gli impianti». La gestione pubblica è affidata a società partecipate, come l’Amia a Palermo, e anche il suolo è pubblico mentre la gestione privata è tale perchè del tutto in mano a imprenditori del settore (è il caso di Siculiana e Lentini).

I COSTI
Le tariffe, spiegano ancora all’assessorato ai Rifiuti, sono determinate al momento di concedere l’autorizzazione di apertura all’impianto e tengono conto di vari costi: «Se una discarica – aggiunge Pirillo – oltre allo smaltimento fa anche la separazione o la distruzione del rifiuto, il costo aumenta». Molti impianti, i meno moderni, hanno bisogno di finanziamenti pubblici per recuperare il percolato: a Bellolampo, per esempio, i fondi pubblici servono per realizzare la sesta vasca. «Il problema – precisa Pirillo – è che nessuno ha mai verificato se questi servizi vengono realmente svolti e con quali costi reali».

«PRESTO NUOVE DISCARICHE»
L’assessorato all’Ambiente non era d’accordo a perdere le competenze sulle autorizzazioni alle discariche. Ma l’assessore Marino ha insistito per unire le pratiche per le autorizzazioni alle verifiche. Tutto ciò dovrebbe permettere di determinare un prezzo unico: Marino anticipa che «stiamo per emettere una circolare che fisserà una tariffa minima e massima entro cui tutti decono muoversi. Anche perchè non sappiamo se oggi il prezzo indicato nelle autorizzazioni è poi quello realmente applicato». C’è il rischio di limitare il libero mercato, visto che i privati hanno puntato su tariffe più basse e impianti più moderni. «Ogni discarica – sintetizza Pirillo – dovrà avere un piano tariffario che tenga conto delle distanze che i camion devono percorrere per portare i rifiuti dalle città all’impianto». Nell’attesa che la riforma venga attuata la Regione ha già fallito uno dei target fissati nella precedente riforma: la raccolta differenziata doveva arrivare al 40% alla fine del 2012 mentre non ha superato il 7%. Per questi ritardi le discariche si stanno velocemente esaurendo e Marino anticipa che «per fronteggiare l’emergenza stiamo prevedendo un aumento delle discariche pubbliche nel numero e nella portata».
NdR: ma…di puntare alla differenziata?


Bloccato parte del servizio da circa una settimana, come ha spiegato a Ditelo a Rgs Antonio Geraci, commissario liquidatore dell’Ato Palermo 1, responsabile della raccolta in dodici comuni della provincia di Palermo, da Isola delle Femmine a Balestrate

PALERMO. Situazione complicata in provincia di Palermo per la raccolta dei rifiuti. Bloccato parte del servizio da circa una settimana, come ha spiegato a Ditelo a Rgs Antonio Geraci, commissario liquidatore dell’Ato Palermo 1, responsabile della raccolta in dodici comuni della provincia di Palermo, da Isola delle Femmine a Balestrate.
L’Ato è senza soldi e non sono stati pagati gli stipendi dei lavoratori interinale, “purtroppo la situazione andrà a peggiorare – ha confermato Geraci – perché i soldi scarseggiano anche per gli altri dipendenti”.«Ci hanno lasciato da soli. In questo momento non so cosa fare».

Da oggi la raccolta sarà interrotta perché i gestori della discarica di Siculiana dove i mezzi della società d’ ambito conferiscono l’immondizia, hanno chiuso i cancelli. Il 2012 si chiude, dunque, con i paesi invasi dall’immondizia, le casse vuote e tutto il personale preoccupato per il futuro occupazionale. Già da qualche giorno i 104 dipendenti precari sono in stato di agitazione e presto anche gli altri 200 di ruolo incroceranno le braccia perché mancano pure i soldi per pagare gli stipendi di dicembre.
«Ho chiesto un incontro con i vertici dell’assessorato – dice Geraci – ma non ho avuto alcuna risposta. Anche l’appello lanciato recentemente ai sindaci è caduto nel vuoto. Non mi resta altro che chiedere l’intervento della protezione civile». La situazione di crisi è causata essenzialmente dalla difficoltà dei comuni a pagare le spettanze mensili alla società d’ambito: i debiti delle amministrazioni nei confronti dell’Ato ammontano a centinaia di migliaia di euro. Per far fronte a tutte le spese: gli stipendi dei dipendenti, il carburante per i mezzi, il nolo degli auto compattatori, oltre al costo per l’utilizzo della discarica, occorrono mensilmente per circa 2,3 milioni di euro. L’ultima crisi di liquidità della «Servizi comunali integrati» Spa risale ad appena quindici giorni fa. Una soluzione si attende dal governo regionale, costretto a varare una legge che impedisca la paralisi della raccolta e la perdita dei posti di lavoro. Una norma che dovrà salvare il personale per i prossimi sette mesi e anche avviare il passaggio verso un nuovo modello di gestione.


Rischia di piombare nel caos la già precaria gestione dei rifiuti in Sicilia. Il 31 dicembre doveva essere il termine ultimo per chiudere definitivamente gli Ato e passare alle nuove società, ma potrebbe arrivare invece una nuova proroga. La riforma varata nel 2010 prevede che i vecchi carrozzoni vengano chiusi e sostituiti dalle nuove società SRR. Che però dovevano nascere in questi giorni.
Dal primo gennaio dunque, non è chiaro cosa succederà. La gestione potrebbe tornare per alcuni mesi ai comuni, non si sa con quali modalità, nell’attesa che venga applicata la riforma che prevede la costituzione di una società per provincia.
“La fine degli Ato deve essere definitiva ma dobbiamo farlo a poco a poco – dice l’assessore all’energia ed ex magistrato di Caltanissetta Nicolò Marino – Stiamo creando un gruppo di lavoro formato da esperti per emanare una nuova legge regionale. In questo intervallo saranno i sindaci a gestire la raccolta”. La nuova normativa non prevede termo valorizzatori che per Marino sono ormai sorpassati.
Spinge invece per la realizzazione degli inceneritori il deputato del Pdl Salvino Caputo che la considera l’unica strada percorribile considerando che il fatto che le discariche ormai sono piene.
Ma per il presidente della Regione Rosario Crocetta bisogna puntare fortemente sulla raccolta differenziata, cercando di portare a zero la quantità di rifiuti da conferire in discarica.
I nodi da sciogliere sono tanti, come la questione occupazionale. Negli ultimi anni il settore dei rifiuti è stato terreno fertile per far crescere assunzioni clientelari, sottolinea Marino. “Queste persone non possono essere riassorbite nei nuovi enti, ma non si possono nemmeno creare problemi sociali e sindacali. Si sta pensando dunque di impiegarli in progetti per le energie alternative finanziate dall’Unione Europea.”
Intanto il debito degli Ato continua a salire vertiginosamente. In totale supera un miliardo e 400 milioni di euro. In particolare quello della città di Palermo sfiora i 200 milioni, l’Ato di Partinico e Carini quasi 50 milioni.
“Ci sono sindaci deresponsabilizzati – dice ancora Marino – che hanno utilizzato i soldi degli ato per fare altro.” L’assessore all’energia vuole applicare una norma che preveda la rimozione dei sindaci o dei consigli comunali che non incassano la Tarsu per finanziare gli Ato”.


La proroga resta, ma scende da 30 a 5 anni Al Senato la Commissione Industria accorcia i termini nel tentativo di favorire una mediazione fra l’esecutivo e l’Ue che continua a chiedere la scadenza al 2015 e l’indizione di nuove gare pubbliche. Ambientalisti soddisfatti, le associazioni dei balneatori protestano (ansa) APPROFONDIMENTIvideo Spiagge, consumatori versus proprietari stabilimentiROMA – Governo battuto in commissione Industria del Senato sulla proroga delle concessioni demaniali sulle spiagge, inserita nel dl Sviluppo. La proroga di 30 anni prevista inizialmente è stata sì ridotta a 5 anni – dal 2015 al 2020 -, dopo i rilievi della commissione Bilancio, ma va comunque contro il parere dell’esecutivo che si oppone a qualsiasi ipotesi di slittamento del termine del 2015, supportando la propria posizione con le osservazioni dell’Ue. In Commissione Industria, l’emendamento dei relatori (Simona Vicari del Pdl e Filippo Bubbico del Pd) prevedeva che le concessioni demaniali balneari fossero prorogate sino al 2045. La commissione Bilancio del Senato oggi ha bocciato quella modifica, dando invece il via libera condizionato a una mini-proroga di 5 anni, sino al 2020. Il “taglio” è stata deciso nel tentativo di rendere più semplice un’eventuale mediazione fra il governo e la Comissione Ue che invece pretende l’indizione di gare pubbliche per l’assegnazione delle concessioni. Lo dice chiaramente Vidmer Mercatali, senatore del Pd: “Il turismo è la prima industria del paese e il turismo balneare rappresenta una delle sue componenti principali. La proroga di 5 anni è un sollecito al governo perché al più presto si attivi nei confronti dell’Europa affinché non vi siano nell’Unione stessa differenti trattamenti fra gli Stati”. La proroga delle concessioni aveva già incassato il ‘no’ della Commissione europea, in quanto contrasta con la direttiva che per le concessioni demaniali prevede l’assegnazione tramite asta pubblica. Secondo l’Ue, si trattai di “servizi su suolo pubblico” e in quanto tali devono essere aperti alla libera concorrenza come stabilito dalla direttiva Bolkestein, una norma del 2006 entrata in vigore in Italia nel gennaio del 2010. A questo punto si dovrà attendere il maxiemendamento sul quale l’esecutivo porrà la fiducia per sapere se, visto il parere contrario espresso dal Governo, conterrà comunque la modifica votata. Intanto l’esclusione della maxi-proroga è stata accolta positivamente da associazioni ambientaliste e degli utenti: “Finalmente si inizia a ragionare sul problema delle concessioni demaniali delle nostre coste – commenta Federconsumatori – . Una mini-proroga di 5 anni è sicuramente meglio di un regalo di 30”. Per l’associazione dei consumatori, però, la soluzione ideale è l’avvio immediato delle gare: “Operazione urgente e fondamentale – spiegano i consumatori – per incentivare la concorrenza e il rispetto dell’ambiente. Tali gare, da un lato dovranno necessariamente tenere conto degli investimenti già fatti da parte dei gestori, dall’altra dovranno prevedere criteri di assegnazione delle concessioni improntati al minore impatto ambientale possibile ed alla qualità dei servizi offerti”. Anche il Wwf, che da anni conduce una battaglia su questo tema, invita il governo a non cedere sulla miniproroga di 5 anni delle concessioni balneari e a puntare “sull’ultima spiaggia del maxi-emendamento per far sì che il termine delle concessioni resti al 31 dicembre 2015”. Questo per “evitare il rischio di un nuovo scempio ambientale, con una prolungata – o addirittura ulteriore – cementificazione delle coste” e garantire il rispetto !della direttiva europea sulla libera concorrenza”. Diversa la posizione di Confesercenti che definisce “inqualificabile” il comportamento del governo: “E’ ormai del tutto evidente che questo governo ha stretto accordi in sede europea esclusivamente per favorire i grandi gruppi a scapito delle piccole e medie imprese”, attaccano in una nota Riccardo Vincenzi e Riccardo Santoni; secondo il vice presidente nazionale e il coordinatore regionale per l’Emilia Romagna di Fiba Confesercenti, il governo deve lasciare aperta la possibilità di riconoscere alle imprese balneari italiane “ciò che è stato o sarà concesso a Spagna, Croazia e Portogallo”; ovvero proroghe molto più consistenti. In un documento sottoscritto oltre che dalla Fiba anche da Sib-Confcommercio ed Assobalneatori si legge che “la proroga di 5 anni le attuali concessioni demaniali turistico-ricreative non è la soluzione che le 30.000 imprese balneari si aspettavano”: “La cosa che sorprende di più – scrivono le associazioni – è che ancora una volta non si è tenuto conto che questa proroga non dà fiato alle imprese né promuove gli investimenti. Sarebbe oltremodo grave e del tutto inaccettabile che il governo dia seguito all’art. 11 della comunitaria 2010 procedendo a emanare una nuova normativa per questo settore senza tenere conto della posizione di parlamento, Regioni, Anci, Upi e associazioni di categoria”. Il settore conferma lo stato d’agitazione e si dice pronto a iniziative di protesta.